.....CONTINUO sente forse dietro
di se' una presenza discreta e silenziosa. La presenza di un uomo, chissa' se e'
quella di Enzo Ferrari, che quasi cento anni fa vide la luce alla periferia di
Modena, lontano da ogni idea di automobile, di corse, di velocita'. Ma con una
passione: creare dal niente il mito Ferrari.”
Si
chiama Michael Schumacher.
Ha
le idee chiare, poggia le sue grandi doti di pilota su una personalità spiccata
che lascia poco spazio ai compromessi. La Ferrari lo contatta già dal 1994,
anno del suo primo titolo iridato con la Benetton a motore Ford, risultato
maturato dopo la drammatica fine di Senna. A questo punto, definire il pilota
tedesco erede di Ayrton e' scontato. Ma soprattutto impreciso: la parentela di
“sangue” automobilistico fra lui e il campione brasiliano fu gia' chiara
quando Senna era ancora in vita. Come Ayrton, Schumacher e' naturalmente veloce,
velocissimo. La prestazione, spesso al di la' della logica imposta dalla tecnica
e dalla stessa immaginazione, gli riesce apparentemente semplice, senza
fronzoli, priva di quelle figure spettacolari che rendono strepitosa la guida
degli altri piloti, magari meno travolgenti nei confronti del cronometro. Come
Ayrton, Schumacher fa della preparazione fisica un credo assoluto: quando scende
dalla monoposto, al termine di un GP vinto, appare quasi riposato, spesso senza
una goccia di sudore, come se la gara fosse appena all’inizio. Come Ayrton,
Schumacher si rivela subito un eccezionale uomo di squadra. Passa ore e ore ai
box, a prove concluse, per seguire da vicino i lavori sulla sua monoposto in un
incessante dialogo con i tecnici. Sprona la squadra a lavorare di piu' e meglio,
senza per questo sollevare il rancore di tecnici e meccanici ma anzi motivandoli
in senso positivo, esattamente come faceva Senna. A metà del 1995 l’accordo
viene finalmente raggiunto per le due stagioni successive. Ciò che forse Luca
di Montezemolo e il suo entourage- il responsabile sportivo Jean Todt in testa-
non si aspettano, è che Schumacher possa diventare in fretta, addirittura in
anticipo un oggetto di culto per il Popolo Ferrarista, di quelle centinaia di
migliaia di appassionati sparsi per il mondo e accomunati per la passione per le
Rosse, non obbligatoriamente per chi li guida. Il miracolo riesce. Anzi, e'
quasi immediato. Schumacher centra l’obiettivo di vincere con la F310 in
Spagna, settimo GP del campionato mondiale ’96 e annegato da un vero e proprio
diluvio che esalta le doti dei piloti livellando invece le prestazioni tecniche.
La marcia travolgente di Schumi nei primi giri della gara, quando risale
posizioni su posizioni fino a strappare la leadership a un mago della pioggia
come Alesi, è di quelle che guadagnano immediatamente un posto nella storia
delle corse. La sicurezza
con la quale difende la vittoria nelle ultime tornate malgrado il motore mandi
segnali preoccupanti, mostra senza possibili errori la stoffa del gran campione.
Lassu', in cima al podio del circuito di Barcellona, con la tuta inzuppata di
pioggia e dello champagne spruzzato dai festeggiamenti, Schumacher occupa
definitivamente un posto nel paradiso dei piloti cari ai ferraristi. Ma in realtà
l’aveva prenotato da mesi. Fin dai primi test con le Rosse, fin dalle prime
dichiarazioni di cauto di cauto ma fermo ottimismo, di fiducia dei risultati che
sarebbero arrivati. Non da subito, ma senza possibilità di delusioni
successive. Nel corso del mondiale 1996 arrivano altre due vittorie: in Belgio e
a Monza. Successi a volte favoriti dalle disgrazie altrui, ma comunque
“pesanti” nel borsino delle attese ferrariste. Ed evidentemente anche per la
coscienza del pilota, che giorno dopo giorno scivola nell’alone di mito che
gli si va tessendo intorno. Schummy finisce invischiato nell’amore per la
Ferrari. Vi cede definitivamente accettando un rinnovo del contratto che lo
rende ferrarista a tutto il 1999, con una firma che anticipa di oltre un anno la
scadenza del primo contratto fissata a fine ’97. Da parte Ferrari, il
prolungamento dell’accordo è quanto meglio si potesse sperare. Se sulle doti
velocistiche e tecniche del pilota non c’erano dubbi, sullo spessore
dell’uomo e del suo coinvolgimento nel progetto Ferrari nessuno poteva riporre
speranze tanto ambiziose. A fine 1996, la Ferrari e Schumacher sono di fatto
fusi in un’unica realtà.
E tutto oggi
il “mito è leggenda, conquistando il mondiale 2000 2001 2002 2003
e 2004 quinto
titolo consecutivo con la “Rossa di Maranello, il settimo della sua magnifica
carriera.
Per
sempre
Alessandro
Carnesecchi
il
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