Lancia
Ferrari D50 (produzione anno
1954-55-56)
La
Lancia D50 è un'automobile
monoposto da competizione di
Formula Uno realizzata dalla
casa
torinese
Lancia nel biennio
1954/55.
Si tratta dell'unica vettura costruita dalla casa per questo tipo di
competizioni.
Il contesto
Nell'estate del
1953
Gianni Lancia decide di tentare
l'avventura della
Formula Uno. Il celebre progettista di
casa
Lancia,
Vittorio Jano, termina la progettazione
esecutiva nel settembre 1953. Il problema piloti è presto risolto, dal
momento che Gianni Lancia riesce a convincere della bontà del progetto
due nomi altisonanti:
Alberto Ascari e
Luigi Villoresi, che il
21 gennaio
1954 firmano il contratto con la
Lancia, snobbando le offerte di
Enzo Ferrari. Naturalmente il fatto
desta perplessità ed anche qualche polemica: si favoleggia di ingaggi
super milionari, ma probabilmente Ascari decide di passare alla Lancia
per via dei frequenti contatti avuti negli ultimi periodi, sembra anche
per motivi mondani, con Gianni Lancia in persona. In ogni caso, il
compenso minimo garantito ad Alberto Ascari per il biennio 1954/55, 25
milioni di Lire annui, non è affatto disprezzabile. Quanto a Villoresi,
la sua decisione non meraviglia poiché è ben noto il legame di profonda
amicizia che lo lega ad Alberto. Della squadra Lancia fa parte anche
Eugenio Castellotti, pupillo di Ascari
(che in un certo senso vede in lui il suo successore): Castellotti
tuttavia nel'54 corre con le vetture Sport e debutta in Formula Uno
soltanto nel'55. La monoposto della casa torinese, denominata con la
sigla D50, fa la sua prima uscita il
20 febbraio 1954 e, come del resto la
stampa specializzata ha anticipato, la caratteristica più saliente del
nuovo bolide risiede nella sistemazione dei
serbatoi del
carburante, collocati, uno per lato, a
sbalzo del corpo della vettura, tra le
ruote anteriori e quelle posteriori. Il
motore, ad alimentazione atmosferica, è
un
8 cilindri a V di 90° da 2,5 litri di
cilindrata, limite fissato dal
regolamento della Formula Uno in vigore dal 1º gennaio 1954. Le
sospensioni sono a ruote indipendenti
all'avantreno, a
ponte De Dion al retrotreno. Il gruppo
frizione/cambio/differenziale
è al retrotreno. Il cambio, disposto trasversalmente, è a 5 rapporti. La
vettura si distingue per le impeccabili finiture (inusuali in una
monoposto da competizione) e per un peso piuttosto contenuto, inferiore
a quello delle Formula Uno dirette concorrenti: al debutto, la D50 pesa
a vuoto circa 620 kg, contro i 690 delle nuovissime
Mercedes W196 in versione “normale”
(720 kg è invece il peso della versione “carenata”), i 670 delle
Maserati 250F ed i 650 delle Ferrari 4
cilindri
tipo 625. La gestazione della D50 è
però lunga e travagliata. La prima “uscita” reca la data del
20 febbraio
1954 ma il debutto, inizialmente
previsto per il
20 giugno (Gran
Premio di Francia), viene via via rimandato ed avverrà con
quattro mesi di ritardo, il
24 ottobre, a
Barcellona (Gran
Premio di Spagna). Nel frattempo, Ascari e Villoresi, pur
proseguendo nei
test, sono lasciati liberi di correre
con monoposto di altri costruttori. Con la denominazione Lancia-Ferrari,
le D50 vengono portate dalla Ferrari a Monza per il
Gran Premio d'Italia di settembre ma
non corrono per motivi legati alla marca di
pneumatici da utilizzare e chiudono la
carriera ad Oulton Park (ottobre 1955) dove ottengono una buona
prestazione alla
Gold Cup, con
Mike Hawthorn secondo alle spalle di
Stirling Moss. Il bilancio finale della
D50, in circa un anno di Gran Premi, è soltanto poco più che discreto,
dal momento che dalla partecipazione ad 8 corse sono scaturiti i
seguenti migliori risultati: due vittorie (Torino e Napoli) e tre piazze
d'onore (Pau, Monaco e Oulton Park), mentre nelle rimanenti 3 occasioni
(Spagna,
Argentina e
Belgio) nessuna D50 ha visto il
traguardo. L'anno successivo (1956)
le D50, che ormai vengono identificate come Ferrari-Lancia, subiscono
modifiche non solo marginali e si aggiudicano il
Campionato Mondiale di Formula Uno 1956,
grazie anche all'apporto dell’argentino
Juan Manuel Fangio.
Storia e caratteristiche
La caratteristica saliente del
progetto risiede nella sistemazione dei
serbatoi del
carburante,l'idea è sicuramente
apprezzabile in quanto si hanno vantaggi di tipo
aerodinamico con miglioramento del
valore del
CX lo avrebbero dimostrato una serie di
prove effettuate nella
galleria del vento del
Politecnico di Torino con un modellino
della monoposto in
scala 1:10. L'altra faccia della
medaglia, invece sembra derivare dalla estrema variabilità del
centraggio della vettura a seguito del continuo calo del livello del
carburante dovuto ovviamente al consumo in gara. La D50 sembra infatti
godere di una stabilità che è eccezionale nella marcia a serbatoi pieni
ma cala mano a mano che i serbatoi si svuotano. Il regolamento per la
Formula Uno che entra in vigore col 1º gennaio 1954 prevede una
cilindrata massima del motore di 2500
cm3
(se alimentato atmosfericamente) oppure di 750 cm3 nel caso
di motore
sovralimentato (con compressore) e non
pone limiti di peso né restrizioni di sorta circa le caratteristiche del
carburante da utilizzare. Considerati i
precedenti di Jano, che ha sempre prediletto i motori sovralimentati,
sorprende che non sia stata neppure presa in considerazione la
progettazione di un motore con tale sistema di alimentazione, ma
probabilmente a frenare gli eventuali entusiasmi è stato il troppo
penalizzante limite di cilindrata (coefficiente 3,333:1 rispetto ai
motori “aspirati”) Inizialmente, forse anche per ragioni di economicità,
viene messo in cantiere un motore direttamente derivato da quello di tre
litri adottato sulla
D20 sport, quindi un 6 cilindri a V di
60° opportunamente ridimensionato nella cilindrata (alesaggio
mm 82 e
corsa mm 78, per una cilindrata totale
di cm3 2471,52) che, al banco, eroga 235
HP a 7200 giri. Ma Vittorio Jano,
convinto che questo motore non avrebbe consentito adeguate possibilità
di sviluppo, preme per la realizzazione di un 8 cilindri a V di 90°. Il
progetto viene affidato al “motorista” per eccellenza di casa Lancia,
Ettore Zaccone Mina, che realizza una unità motrice da 2485,99 cm3
di cilindrata (alesaggio mm 76, corsa mm 68,5). Una delle
caratteristiche peculiari di questo motore, che si distingue per le
leghe leggere utilizzate (per il monoblocco e per i due blocchi dei
cilindri), è data dal fatto che il basamento del motore è parte
integrante della struttura stessa della macchina, essendo rigidamente
connesso con elementi del telaio tubolare. Quanto alla
distribuzione, che è con quattro
alberi a camme in testa (due per
ciascuna bancata) mossi da ingranaggi, la singolarità è data dalla
particolare attenzione riservata al raffreddamento delle valvole di
scarico, che sono posizionate (“annegate”) nel condotto dell’acqua di
raffreddamento delle testate. Il comando delle valvole avviene con molle
a spillo, mentre i bilanceri (tra le camme e gli steli delle valvole)
sono del tipo “a dito”. Qualche discussione tra i tecnici di casa
Lancia, ed in particolare tra Vittorio Jano ed Ettore Zaccone Mina,
riguarda il sistema di alimentazione: il primo è decisamente a favore
dell'alimentazione di tipo tradizionale, mentre il secondo (e
spalleggiato, sembra, da Gianni Lancia) sembra propendere per
l'alimentazione “ad iniezione diretta” (che la
Mercedes sta a sua volta per adottare
sulle Formula Uno che avrebbero debuttato a breve). Pare che venga
addirittura costruito un motore monocilindrico sperimentale di poco più
di 310 cm3 (esattamente 1/8 della cilindrata del motore
previsto per la D50) alimentato ad
iniezione. Ma alla fine, a prevalere è
l'idea di Vittorio Jano e la D50 nasce con un
sistema di alimentazione del tutto
tradizionale, tramite quattro
carburatori invertiti doppio corpo
Solex 40 PIJ. Nella versione iniziale i due serbatoi laterali contengono
circa 90 litri cadauno (secondo alcune fonti, la capacità sarebbe di 80
litri). L’accensione è a doppia
candela per ciascun cilindro. Il motore
viene montato con una inclinazione di 12° circa rispetto l'asse
longitudinale della vettura, onde far sì che il passaggio dell'albero di
trasmissione avvenga alla sinistra del sedile di guida e consenta
l'abbassamento del sedile stesso con la conseguente riduzione della
sezione dell'abitacolo a tutto vantaggio dell'aerodinamica. Come nelle
Aurelia di serie e nelle D20/D23/D24
“sport” il gruppo frizione/cambio/differenziale è posto al retrotreno:
nella D50 però il cambio è a 5 rapporti più retromarcia e, soprattutto,
è disposto trasversalmente. Le sospensioni sono a ruote indipendenti
all'avantreno e semi-indipendenti con ponte De Dion al retrotreno. Il 20
febbraio 1954 la nuova monoposto compie i primi passi (o meglio i primi
giri di ruota) all'aeroporto
di Torino-Caselle: alla guida della D50, dopo che il
capo-collaudatore Giuseppe Gillio ha avviato il motore ed ha percorso
poche centinaia di metri, siede il bi-Campione del Mondo (1952 e 1953)
Alberto Ascari. Poiché l'intenzione di Gianni Lancia è quella di far
debuttare la D50 nel
Gran Premio di Francia, in calendario
per il 4 luglio 1954, i collaudi procedono a ritmo sostenuto:
nell'inverno e all'inizio della primavera del 1954 la vettura, anche per
fattori meteorologici, viene spedita spesso sulla riviera ligure, sul
circuito di Ospedaletti, poi, a maggio,
a Monza, Alberto Ascari è addirittura vittima di un incidente che però
non ha conseguenze. I collaudi proseguono per opera di Giuseppe Navone,
già in forza con quel ruolo alla Ferrari. Viene anche montato un motore
quasi “quadro” con misure di alesaggio e corsa diverse da quelle
originarie (alesaggio mm 73 e corsa mm 74, cilindrata totale cmc
2477,75) che viene accreditato di una potenza superiore ai 250 HP e che
pare possa ruotare fino a 9.000 giri al minuto. Luigi Villoresi ed
Alberto Ascari, alla fine di aprile 1954, sottoscrivono un accordo in
base al quale la Lancia consente loro di partecipare a GP con macchine
di altra marca fino al momento in cui la D50 sarà a punto e potrà
correre. I due peraltro proseguono nei collaudi. Il previsto debutto in
Francia salta: la macchina non è ancora
ritenuta in grado di poter correre. Gianni Lancia è profondamente
amareggiato, anche perché al Gran Premio dell’Automobile Club di Francia
debutta invece la
Mercedes W196: ed è un debutto “col
botto”, visto che Juan Manuel Fangio conduce l’argentea macchina tedesca
alla vittoria. Finalmente, dopo una serie di convincenti prove
effettuate all'inizio di ottobre in quel di Caselle ed ad Ospedaletti e
dopo che in un test a Monza, Alberto Ascari segna 1’56” (quasi 3 secondi
meglio della “pole” della Mercedes W196 carenata di Juan Manuel Fangio
alle prove ufficiali del
Gran Premio d'Italia del 5 settembre
1954) due D50 vengono spedite a
Barcellona per il
Gran Premio di Spagna in calendario per
il 24 ottobre 1954. Il debutto viene deciso malgrado persistano problemi
di frenata imputati al complicato impianto a tre ganasce messo a punto
da Vittorio Jano. A Barcellona le D50, rapidissime in prova,
sperimentano motori con dimensioni diverse, tra cui un D50A avente mm
74,00 di alesaggio e mm 72,20 di corsa (in totale cmc 2484,17). Dopo il
GP di Spagna dell’ottobre 1954, nel
1955 le D50 disputano, con alterna
fortuna, altri 5 Gran Premi (Argentina,
Torino,
Pau,
Napoli,
Monaco) poi, dopo la morte del pilota
di punta Ascari (avvenuta con una
Ferrari nel corso di una occasionale
prova a
Monza), la Lancia annuncia la
sospensione dell'attività agonistica, evento che avviene pressoché in
contemporanea con l'abdicazione di Gianni Lancia. Tuttavia, prima di
abbandonare l'Italia
per il
Sud America, l'ingegner Lancia ha il
tempo di concedere una vettura ad
Eugenio Castellotti per correre il
Gran Premio del Belgio a
Spa in giugno. Subito dopo la disputa
del
Gran Premio del Belgio e l'abdicazione
forzata di Gianni Lancia, in seno alla fabbrica si profilano due
fazioni: da una parte c'è chi vorrebbe evitare di disperdere le
esperienze fatte in ambito agonistico, migliorare il materiale esistente
e proseguire l'attività sportiva interrotta, e dall'altra chi invece non
vede l'ora di disfarsi di tutto il “materiale da corsa” nel più breve
tempo possibile, magari svendendolo. I sostenitori della seconda tesi
hanno ben presto la meglio. Trapelata la notizia, molti si fanno avanti
per rilevare a buon prezzo tutto il materiale: tra i potenziali
acquirenti, in prima fila, pare ci sia addirittura la Mercedes Benz. Per
evitare che preziose esperienze italiche finiscano all’estero, il
principe Filippo Caracciolo (suocero di
Gianni Agnelli e Presidente dell’Automobile
Club d'Italia) si attiva presso la
Fiat fino ad ottenere un accordo a tre,
in base al quale la Lancia dona alla Ferrari il suo materiale da corsa e
la Fiat si impegna ad erogare alla casa modenese, per cinque anni, un
contributo finanziario non indifferente (50 milioni di
lire all'anno). La cerimonia del
“passaggio” avviene il
26 luglio
1955 nel cortile della Lancia in Via
Caraglio a Torino: gli onori di casa sono fatti dall’avv. Domenico
Jappelli e dal sig. Attilio Pasquarelli, mentre per la Ferrari sono
presenti l’ing. Mino Amorotti ed il cav. Luigi Bazzi. La Fiat è
rappresentata dal dr. Pestelli, mentre per l’Automobile Club d’Italia
c’è il Vice-Presidente ing. Arnaldo Trevisan. Tra gli altri intervenuti,
oltre a Vittorio Jano, il Conte Carlo Biscaretti di Ruffia (Vice
Presidente dell’Automobile Club di Torino) ed il Dr. Giovannetti dell’
A.N.F.I.A.A. (Associazione Nazionale Fra Industrie Automobilistiche ed
Affini). Per la cronaca, le D50 di Formula Uno donate alla casa modenese
sono sei: ad esse vanno aggiunte due scocche di F1, una normale e
l'altra carenata (la prima è forse munita di qualche organo meccanico,
mentre la seconda ne è probabilmente priva) oltre naturalmente a molti
ricambi ed parti meccaniche in genere. Con l’occasione, anche il celebre
progettista
Vittorio Jano passa dalla Lancia alla
Ferrari. Tra l'ottobre 1954 (debutto in Spagna) ed il giugno 1955 (Gran
Premio del Belgio), la D50 subisce, come del resto è normale accada in
una monoposto di Formula Uno, una serie di modifiche tese ad
incrementare prestazioni ed affidabilità: la capacità dei serbatoi del
carburante viene portata a 200 litri (capacità ritenuta necessaria per
evitare rifornimenti in gara), le prese d'aria sul
cofano e sui “pontoni” laterali vengono
spesso modificate (ampliate e/o ridotte), il circuito di lubrificazione
subisce parecchie migliorie, l'impianto
frenante (uno dei punti deboli della vettura) è oggetto di
continue attenzioni, le sospensioni vengono talvolta rese più morbide od
irrigidite, il
parabrezza viene rimpicciolito e munito
di inclinazione regolabile. Altri valori che subiscono spesso
variazioni, anche se di minima entità, sono quelli del
passo e delle carreggiate: il primo
spazia da cm 220 a cm 230, le seconde da cm 125 a cm 129,4 (la
carreggiata posteriore arriva a misurare cm 133). Nel periodo, la D50
assume anche la denominazione D50A. Quanto al motore, è difficile (anzi,
impossibile) definire esattamente dati, potenze e dimensioni dei
propulsori utilizzati di volta in volta: comunque, secondo stime
attendibili, la
potenza erogata varia da un minimo di
250-255 HP ad un massimo di 265 HP, i regimi di rotazione si collocano
tra gli 8.000 ed i 9.000 giri/minuto, il
rapporto di compressione tra 10,5:1 e
12:1. I diversi motori impiegati (tutti 8 cilindri a V di 90°) hanno le
seguenti dimensioni: 1.) 2485,99 cm3 di cilindrata (alesaggio
mm 76,00 e corsa mm 68,50); 2.) 2488,02 cm3 (alesaggio mm
73,60 e corsa mm 73,10); 3.) motore definito D50A da 2477,29 cm3
(alesaggio mm 74,00 e corsa mm 72,00). La
velocità massima raggiungibile dalla
D50, nella sua versione più potente e con il rapporto di
demoltiplicazione più “lungo” è dell’ordine dei 300 km all’ora.
L'attività sportiva
L'attività sportiva della D50 va
suddivisa in tre periodi: nel primo, che va dall'ottobre
1954 al giugno
1955, si può parlare di un prodotto
Lancia iscritto e partecipante alle
competizioni (nella fattispecie
Gran premi di Formula Uno) a nome della
Casa stessa, come Scuderia Lancia; un secondo breve periodo, dall'agosto
al settembre 1955, vede le vetture D50, praticamente immutate,
partecipare a due Gran Premi (a
Monza, limitatamente alle prove, e ad
Oulton Park) a nome della
Scuderia Ferrari; nel
1956 invece le D50, che correranno per
la scuderia modenese, riceveranno modifiche via via più sostanziali che
la differenzieranno anche sostanzialmente da quello che era il progetto
iniziale. Il bilancio del primo periodo è così sintetizzabile: tra il
24 ottobre 1954 ed il
5 giugno 1955 le D50 partecipano a
sette Gran Premi, quattro dei quali aventi validità per il
Campionato del Mondo di Formula Uno;
nei quattro Gran Premi titolati, partono 10 D50 che ottengono 3
pole position, un secondo posto, un
quinto posto ed un sesto posto (tutti al
Gran Premio di Monaco 1955) e la
bellezza di 7 ritiri (4 per guasti meccanici, 3 per uscite di strada od
incidenti). Più positivi i risultati ottenuti nelle tre gare minori,
dove troviamo 8 D50 partite, con due vittorie, un secondo posto, due
terzi posti, due quarti posti, un quinto posto e nessun ritiro.
Completano il quadro 3 pole ed un giro più veloce in gara. Il secondo
periodo include due sole corse: il
Gran Premio d'Italia 1955 dove tre D50
prendono parte alle prove (ottenendo comunque un 4°, un 5° ed un 8º
posto) ma non si allineano al via per motivi legati alla marca di
pneumatici da impiegare, e la Gold Cup
ad Oulton Park, un Gran Premio non titolato dove le due D50, iscritte
ormai dalla Scuderia Ferrari, ottengono la pole nonché un secondo ed un
settimo posto. Nella
stagione 1956 le D50, ormai a tutti gli
effetti delle vere e proprie Ferrari, si presentano sin dal primo Gran
Premio con parecchie variazioni all'attivo: a parte un discreto
incremento della
potenza del motore (che a fine stagione
arriverà ad erogare 290
HP), modifiche interessano anche un po’
tutti gli organi meccanici (irrobustimento del
telaio,
sospensione anteriore con nuova barra
stabilizzatrice, ponte De Dion rinforzato) ma la differenza più grande
sta nel ruolo assegnato ai serbatoi laterali, che ormai assolvono quasi
soltanto a funzioni aerodinamiche perché il vero serbatoio del
carburante è sistemato in coda alla vettura ed i due pontoni laterali
fungono semplicemente da serbatoi supplementari di riserva (tanto è vero
che sono attraversati dagli scarichi laterali). Nel corso dell'anno, tra
le numerose variazioni di particolari costruttivi, sono da segnalare
quella dei valori di
alesaggio e
corsa (che diventano di mm 76,00 e
68,50 rispettivamente, per una cilindrata di cm3 2485,98) e
un ulteriore sviluppo riguardante i serbatoi laterali, che ormai non
sono più staccati dal corpo vettura ma ne fanno parte integrante: questa
evidente innovazione si osserva per la prima volta sulla vettura di
Fangio al
Gran Premio di Siracusa in aprile. Da
sottolineare che, già al
Gran Premio d'Italia 1956 di settembre,
alle ex Lancia viene assegnata la denominazione “tipo 801” (che sta per
8 cilindri-formula 1) In ogni caso nel 1956 questa D50 in continua
evoluzione, coglie numerosissimi allori e consente a Juan Manuel Fangio
di laurearsi per la quarta volta Campione del Mondo. Nelle sette prove
del Campionato Mondiale di Formula Uno 1956, queste Ferrari-Lancia
ottengono, quali migliori risultati, cinque vittorie (Argentina, Belgio,
Francia, Gran Bretagna e Germania) e due piazze d’onore (Monaco e
Italia), eccellendo anche nelle prove, dove si aggiudicano 6 pole ed un
secondo miglior tempo (sempre per merito di Fangio). In gara, in quattro
dei sette Gran Premi, le Ferrari-Lancia segnano il giro più veloce; in
quello stesso 1956 partecipano anche ad altre corse di minore
importanza, non titolate: Fangio si aggiudica il Gran Premio di Buenos
Aires ed il Gran Premio di Siracusa, mentre in altre due occasioni (International
Trophy e Gran Premio di Napoli) entrambe le D50 che si presentano al via
sono costrette al ritiro. Per il 1957 ulteriori modifiche, tra cui
l’adozione di un nuovo telaio e la totale eliminazione dei serbatoi
laterali, stravolge la D50 (ormai ribattezzata definitivamente tipo
801), che ormai è solo parente (anche se stretta) della versione
originale Lancia. Per completezza d'informazione, occorre dire che
ancora nel 1957 sono stati talvolta impiegati esemplari nella versione
dell'anno precedente (quella cioè avente i serbatoi laterali integrati
nella scocca).
La cessione alla
Ferrari 26 luglio 1955
Subito dopo la disputa del
Gran Premio del Belgio e l'abdicazione
forzata di Gianni Lancia, in seno alla fabbrica si profilano due
fazioni: da una parte c'è chi vorrebbe evitare di disperdere le
esperienze fatte in ambito agonistico, migliorare il materiale esistente
e proseguire l'attività sportiva interrotta, e dall'altra chi invece non
vede l'ora di disfarsi di tutto il materiale da corsa nel più breve
tempo possibile, magari svendendolo. I sostenitori della seconda tesi
hanno ben presto la meglio. Trapelata la notizia, molti si fanno avanti
per rilevare a buon prezzo tutto il materiale: tra i potenziali
acquirenti, in prima fila, pare ci sia addirittura la
Mercedes-Benz. Per evitare che preziose
esperienze italiche finiscano all'estero, il principe Filippo Caracciolo
(suocero di
Gianni Agnelli e Presidente dell'Automobile
Club d'Italia) si attiva presso la
Fiat fino ad ottenere un accordo a tre,
in base al quale la Lancia dona alla
Ferrari il suo materiale da corsa e la
Fiat si impegna ad erogare alla casa modenese, per cinque anni, un
contributo finanziario non indifferente (50 milioni di lire all’anno).
La cerimonia del passaggio avviene il
26 luglio
1955 nel cortile della Lancia in Via
Caraglio a Torino: gli onori di casa sono fatti dall'avv. Domenico
Jappelli e dal sig. Attilio Pasquarelli, mentre per la Ferrari sono
presenti l'ing. Amorotti ed il cav. Bazzi. La Fiat è rappresentata dal
dr. Pestelli, mentre per l'Automobile Club d'Italia c'è il
Vice-Presidente ing. Arnaldo Trevisan. Tra gli altri intervenuti, oltre
a
Vittorio Jano, il Conte
Carlo Biscaretti di Ruffia (Vice
Presidente dell'Automobile Club di Torino) ed il Dr. Giovannetti dell'A.N.F.I.A.A.
(Associazione Nazionale Fra Industrie Automobilistiche ed Affini). Per
la cronaca, le D50 di Formula Uno donate alla casa modenese sono sei: ad
esse vanno aggiunte due scocche di F1, una normale e l'altra
carenata (la prima è forse munita di
qualche organo meccanico, mentre la seconda ne è probabilmente priva)
oltre naturalmente a molti ricambi ed parti meccaniche in genere.
I Piloti
Progettata
Vittorio Jano
Campione del mondo piloti
Juan Manuel Fangio 30 punti
il Campionato costruttori non esisteva
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